07 dicembre 2006

All good things

Sono le parole degli altri a rendere più vividi i miei giorni.
Forse la mia è la vigliaccheria di chi chiude i propri pensieri in un cassetto, o la pigrizia di chi non porge agli occhi degli altri quei versi con cui d'impulso, smaniosamente, ha riempito chilometri di fogli.
Il punto è che fondamentalmente mi riconosco più profondamente nelle confessioni di (alcune) penne più esperte piuttosto che nelle mie - sempre incerte, sfuggevoli, imperfette.
E allora, dopo tanti anni, ancora mi ritrovo a trascrivere parole straniere in un quaderno sgualcito, come una ladra timorosa, e a rileggerle, quando ho la testa in tumulto e sento il bisogno di un'ispirazione.
Perchè in fondo di questo si tratta.
Quando smarrisco la strada, mi sento confusa ("scardinata", dicevo al marchese tanto tanto tempo fa), quando le risposte che cerco di darmi non mi convincono, mi guardo intorno e ascolto.
Con le orecchie, con gli occhi, raccolgo i segnali che incontro sul mio cammino.
Parole. Migliaia, milioni di parole. Messaggi per me.

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