08 gennaio 2007

L'altro Michelangelo


"Caravaggio introduce nell'arte sacra un realismo che ne sconvolge i canoni. Nei suoi quadri compaiono i poveri, i proletari si potrebbe dire, in qualche caso addiruttura i sottoproletari, gli stessi ambigui giovinetti di borgata che nel 900 saranno raccontati, e vissuti, da Pasolini. (..)
Nei quadri di Caravaggio non c'è più nulla della raffinata bellezza di Raffaello, della prestanza del Buonarroti. Santi, soldati, testimoni, protagonisti e comparse non nascondono l'età, hanno carni screpolate e rugose, le vene rilevate di chi fa lavori pesanti, tozze le membra, i piedi enormi quasi sempre sporchi, indosso le logore vesti dei poveri. Si capisce che sono analfabeti: se stringono un libro lo fanno con l'impaccio di chi non ne ha l'abitudine. I ragazzi, ignudi o seminudi, fissano il pittore - e chi guarda la tela - con una sfrontatezza sconosciuta fino a quel momento, sorridono invitanti, ammiccano.
Sono quadri di soggetto sacro, ma ogni tradizionale aura celeste è sparita, s'avverte anzi la pesantezza della terra, la mortalità della carne, l'alito guasto del vizio, compreso quello praticato per mestiere."
Corrado Augias

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